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NCC: IL TAR DEL LAZIO DICHIARA ILLEGITTIMO IL DECRETO CHE DICIPLINA IL FOGLIO DI SERVIZIO ELETTRONICO

E’ illegittimo il Decreto Interministeriale n. 226 del 16 ottobre 2024, adottato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di concerto con il Ministero dell’Interno, recante la disciplina delle modalità di tenuta e compilazione del foglio di servizio elettronico (FDSE) per gli operatori del servizio di noleggio con conducente (NCC).  
Il Decreto Interministeriale in questione risulta affetto da un vizio originario di incompetenza e violazione di legge, nella misura in cui ha ecceduto i limiti della delega normativa contenuta nell’ art. 11, comma 4, della L. n. 21/1992, trasformando un potere tecnico di definizione di mere specifiche elettroniche in uno strumento di regolazione sostanziale dell’attività economica di noleggio con conducente.

Pertanto tutte le disposizioni del decreto che ha disciplinato le modalità di tenuta e di compilazione del FDSE per gli NCC “devono ritenersi illegittime per eccesso di potere, violazione di legge e contrasto con i principi costituzionali ed eurounitari in materia di legalità, proporzionalità, libertà economica, protezione dei dati personali e concorrenza“. 

E' quanto stabilito dal Tar del Lazio, chiamato a pronunciarsi su tre ricorsi proposti da CNA, 8PuntoZero e NCC Italia, insieme con una serie di operatori 
del settore del noleggio con conducente.

Il contenzioso riguarda il decreto ministeriale n. 226/2024 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che ha definito le modalità di compilazione e gestione del Foglio di servizio elettronico (FDSE), previsto dall’art. 11, comma 4, della legge n. 21/1992.  

In base a tale disciplina, i conducenti NCC avrebbero dovuto compilare un documento elettronico riportante i dati identificativi del veicolo, del conducente, dell’itinerario e del passeggero.  Il decreto aveva inoltre istituito un sistema informatico centralizzato, gestito esclusivamente dal Ministero, che raccoglieva, archiviava e metteva a disposizione i fogli di servizio in un’unica piattaforma, accessibile a numerosi soggetti pubblici, tra cui forze di polizia, amministrazioni comunali e personale 
ministeriale. 

Il TAR ha censurato tale impianto, rilevando che la raccolta e la conservazione triennale dei dati identificativi degli utenti, in un database unico e consultabile da una pluralità di enti, è avvenuta senza una preventiva valutazione d’impatto sulla protezione dei dati (DPIA) e in assenza di una disciplina legislativa specifica.  

La conservazione delle informazioni – ha osservato il Collegio – non risponde a reali esigenze di interesse pubblico e, per la genericità delle finalità indicate, espone a un concreto rischio di utilizzi impropri, in contrasto con il GDPR.

Con ogni probabilità ci sarà ora il ricorso al Consiglio di Stato da parte dei taxisti. 

 

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